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Immagine del redattoreMirko Scravaglieri

Mario Roggero, il gioielliere condannato per aver fatto la cosa giusta.

Ecco la sentenza che condanna il gioiellerie di Asti a 17 anni per il duplice omicidio per difesa personale: ma la sentenza è giusta oppure no?

Il gioielliere ha reagito da essere umano e, probabilmente, anch'io avrei fatto la stessa cosa se mi fossi trovato in una situazione analoga; un genitore che vede i propri figli in pericolo avrebbe fatto la stessa cosa; un marito legato che assiste alla violenza sulla moglie avrebbe fatto la stessa cosa.


Insomma, quando le violenze subite o altri avvenimenti molto forti emozionalmente superano l'umana concezione, le persone smettono di essere razionali per avvicinarsi a quella forma animale dominata dagli istinti e che rappresenta in parte chi siamo davvero.


Se in quel preciso istante, fosse a disposizione un oggetto atto a offendere (un'arma da fuoco in questo caso), le persone, vittime del proprio stato di agitazione, non esiterebbero ad usarla ed è questo il caso di Mario R.


Ora, tutti si stanno schierando dalla sua parte e anch'io sono con lui.

Se dico che ha fatto bene, che Dio mi perdoni ma è ciò che penso.


Poi però, esiste una giustizia o meglio, la Legge.


La Legge nasce per frapporsi tra due individui o fazioni che non stanno trovando un accordo o, come nella fattispecie, quando è stato compiuto un reato che in questo caso aumenta la sua gravità per via del delitto.

Il reato di cui viene accusato Mario non è soltanto la difesa personale ma qualcosa di più complesso cioè quello derivato dalla reazione dopo aver subíto certamente violenza psicologica e/o fisica da parte dei malviventi.

Mario non ha semplicemente reagito ad una violenza (reiterata dato che era già accaduta anni prima) ma ha "deciso" di sistemare le cose applicando "GIUSTIZIA PRIVATA": un'azione consapevole, voluta e pianificata (se di pianificazione si può parlare dopo appena pochi minuti).


La pistola.

La pistola viene concessa al gioielliere a titolo di arma per difesa personale. Tanti gioiellieri ne posseggono una e quasi l'intera totalità non l'ha mai usata contro un altro essere umano perché ognuno di loro non ha mai subíto rapine o, se l'avesse subita non ci sarebbe stato il tempo materiale per usarla oppure, la parte analitica ha avuto ragione su quella istintiva.

Insomma, chi decide di possedere un'arma da fuoco è consapevole (dovrebbe esserlo) dei rischi derivanti da quell'oggetto.

Essere vittime, sebbene non sia piacevole, non dà il "diritto" (inteso come diritto legale) di trasformarsi in carnefici perché esiste la Legge che svolge (dovrebbe farlo) questo compito.


In altre parole, Mario R. ha fatto quello che andava fatto in seguito alle violenze causate a lui e alla propria famiglia dai rapinatori e dal punto di vista della reazione umana siamo tutti con lui.

Per la Legge, invece, nonostante le attenuanti è stato ritenuto colpevole di duplice omicidio perché sparare alle spalle, fuori dal proprio negozio, non è stato ritenuto un atto di difesa e anche in questo caso sono pienamente d'accordo perché purtroppo non esiste un giusto o sbagliato, un tanto o poco che possa definire quali siano le violenze che giustifichino l'atto di uccidere.

-Violenza contro la tua famiglia?

-Non aver ricevuto la precedenza allo stop?

-Aver bevuto troppo e trasformare una discussione in tragedia?

Chi può decidere quale sia la situazione degna di attenuante rispetto ad un'altra?

La famiglia vale mentre per la coda davanti al banco della macelleria non vale? E perché?

Sto estremizzando naturalmente ma per far comprendere che il vero reato è quello dettato dal possesso dell'arma da fuoco poiché senza di essa non sarebbe accaduto nulla; ci sarebbe stata una denuncia e la giustizia avrebbe fatto il proprio corso.

Sarebbe rimasta la paura (ma quella c'è anche adesso).

Sarebbe rimasta la violenza impunita: è questo il nocciolo della questione, la violenza impunita e conoscete la ragione di questo?

Perché non abbiamo fiducia nella giustizia.

Ecco il vero reato: non avere fiducia nella giustizia ma quante ingiustizie siamo obbligati ad accettare ogni giorno, certamente non gravi ed esplicite come una rapina ma quante ne accadono ogni giorno?


Un barista che si vede chiusa la propria attività dal sindaco perché due ubriachi (che hanno bevuto in altri luoghi) si accoltellano davanti all'ingresso del suo bar a cui, però, viene imputata responsabilità oggettiva del fatto e che per 15 giorni non potrà incassare e forse sfamare la propria famiglia, non è un'ingiustizia? Però succede.

Se lui, vittima della disperazione si recasse presso gli uffici del sindaco e gli sparasse un colpo al cuore uccidendolo, cosa pensereste?

Che è stato folle, che sia un pazzo, che la gente è fuori di testa, giusto?


Chi può definire la gravità di una vicenda se questa non è vissuta in prima persona? Solo la Legge.

La Legge è asettica (dovrebbe esserlo), non ha emozione e non prova delusione o soddisfazione.


Il reato, dunque, è quello di possedere un'arma da fuoco ma cosa ancora peggiore è il fatto di non credere nella Legge ma allora cambiamo le cose (quando siamo sobri), non lasciamo scorrere il tempo perché, per probabilità, prima o poi, una cosa del genere accade a tutti e, come per Mario R., non basteranno migliaia di post su Facebook per salvarci dalla pena.


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